Alto potenziale cognitivo a scuola. Riconoscere e formare l’allievo.

Vademecum per i docenti. ZPS-APC

La questione delle emozioni è il volto nascosto dei soggetti APC.

Giovanni Galli

 

Così abbiamo da trattare la sensibilità, la frustrabilità, il bisogno d’appartenenza, il bisogno di motivazione.

Senza comportare un percorso obbligato, senza occupare una tappa evolutiva necessaria, sensibilità, frustrabilità, solitudine, demotivazione, illustrano molto della natura delle esperienze di un APC.

Sono il lato emotivo delle discrepanze di sviluppo, interne ed esterne.

  1. A) Sensibilità.
    Il bimbo APC vive una sensibilità emotiva molto elevata. Qualcosa che solo frettolosamente e in maniera preconcetta può essere liquidata con l’immaturità.

Come constatiamo ha una percezione intensa del mondo e grande coscienza di ciò che vive. È curioso, ascolta tutto, chiede, s’infiamma, argomenta, s’intestardisce.
Ci sembra disattento, ma poi ci sorprendiamo nel constatare che sente tutto, che percepisce e capisce molto più intensamente e profondamente di quanto ci aspettavamo, o dei suoi pari.

Percepisce di non padroneggiare a sufficienza gli strumenti per affrontare una situazione.

L’esperienza non corrisponde alla conoscenza, posso leggere tutto sui martelli ed i chiodi, poi però posso sempre martellarmi il dito.

Posso ben immaginare di costruire una navicella, ma poi la realizzazione si avvera piena di imprevisti.

Posso sentire una notizia sanitaria (pandemia) ed allarmarmi per la mia sorte.

C’è un problema di salvaguardia della propria integrità.

È difficile processare tante informazioni emotive e direzionarle correttamente.

La dis-sincronia (o squilibrio, o discrepanza, come vogliamo chiamarla) rappresenta quindi il centro del vissuto di un soggetto APC, un ganglio vitale nel rapporto con sé stesso e con l’ambiente.

 

  1. B) Frustrabilità.

Utilizzo spesso delle metafore. Una è quella della Ferrari.

Condurre un automezzo richiede delle abilità. Bisogna imparare a guidare. Devo fare la patente.

Condurre un automezzo sproporzionato nelle sue parti richiede pure delle abilità.

Una cosa è sostenere la motivazione ed il benessere dei nostri bambini, proponendo loro momenti di arricchimento, di apprendimento accelerato, di incontro con i loro pari. Ciò è fondamentale. Permettiamo loro gli stimoli che li nutrono e li fanno sentire vivi e svegli.

Un altro conto è “regolamentare”, formare, formalizzare, o che dir si voglia, l’arborescenza del pensiero:

  • pensare attivamente,
  • e con consapevolezza,
  • ordinare i propri pensieri,
  • darne una forma,
  • forma che deve essere comunicativa e non solipsistica.

Questo ha a che fare con l’attenzione diretta, attiva e consapevole, con il metodo, la definizione di obiettivi, la resistenza, lo studio e la perseveranza.

L’APC non è “solo” rapidità, folgorazione, apprendimento precoce, interesse per temi primari, sensibilità e così via (cosa che pone il problema della noia delle cose scolastiche, già sapute).

  • L’APC si caratterizza per un modo di funzionare arborescente, visivo, simultaneo. Come strutturarlo?
  • L’APC si caratterizza anche per la scarsa coscienza delle proprie modalità di apprendimento. Come acquisire consapevolezza?
  • L’APC si caratterizza poi per gli scatti di umore e la teatralità, talvolta la pigrizia accompagna la noia.

Questo è il “lato oscuro della forza”. Lato che va educato, istruito, condotto o che dir si voglia.

 

  1. C) Il bisogno di appartenenza

Aristotele asseriva che un individuo è un animale sociale. Far parte di un gruppo soddisfa il senso di appartenenza.

La relazione con l’altro copre aspetti affettivi importanti. Il gruppo suppone protezione, sostegno, affetto, aiuto.

La famiglia è il primo gruppo nel quale sviluppiamo le nostre prime competenze. Poi ci svilupperemo introducendoci in altri gruppi, nella scuola, nelle attività extra scolastiche, il gruppo degli amici, associazioni, eccetera.

La scuola, oltre la famiglia, è il primo gruppo sociale che ogni bimbo incontra e vive.

Il bambino con alte capacità, né più né meno degli altri, necessita di un senso di appartenenza. Purtroppo qualche volta questa necessità non trova un esito.

Ecco alcuni elementi che determinano il successo di un contesto e di un processo socializzante:

 

– la comunicazione, il linguaggio.

La qualità del parlare, la ricchezza del vocabolario e la pertinenza grammaticale, sono una delle caratteristiche importanti del giovane APC.

Il linguaggio di un giovane APC non corrisponde al linguaggio corrente. Il gruppo non necessita di tanta precisione nelle descrizioni.

Il giovane APC fatica ad identificarsi intellettualmente con i propri pari, ma pure con persone più anziane in quanto hanno vissuto altre esperienze.

Vediamo una semplice domanda “come stai”. D’abitudine si risponde automaticamente “bene”, “non c’è male”. Per un soggetto APC la risposta a questa domanda può essere molto complessa. Perché dietro la formulazione routinaria, dovrebbe esserci una reale percezione dello stato d’animo. Come spiegare che si è depressi, tristi, felici, normali, neutri, che la variazione degli stati d’animo ha una graduatoria, che al solo accennarla si arrischia il fuggifuggi.

 

– La rigidità/malleabilità.

Se il giovane ad alto potenziale riesce ad adattare le sue parole e le sue condotte in funzione dell’interlocutore, potrà avere buone relazioni. Viceversa, in mancanza di flessibilità, si sentirà sempre più sconnesso.

Se non desidera l’isolamento, non riesce nemmeno a soddisfare la necessità di appartenenza.

La questione della rigidità/malleabilità è complessa. Investe frontalmente la questione del falso sé.

 

– Le discrepanze sociali.

Il giovane vive la sua differenza, percepisce la sua situazione di isolamento.

Alla scuola dell’infanzia, ci raccontano di giovani che non giocano, o non sanno giocare.

Più grandicelli le osservazioni tramandano una tradizionale resistenza “ma anche lui deve adattarsi”.

 

Dove stanno le discrepanze sociali?

Esempi:

– quando il giovane in seconda elementare chiede cosa fa 5:2, e gli dicono che non si può fare;
– quando corregge l’errore del maestro, e lui, il maestro, gli dice che è impertinente;
– quando nei giochi che propone ci sono gli antichi eroi, mentre gli altri pensano ad Inzaghi, Messi o altri calciatori;
– quando chiede cosa sia un pisello, e il docente lo sgrida di “non provocare”;
– quando puntiglioso ricorda ai genitori dettagli “ma ieri avevi detto che …”, dettagli che per i genitori erano persi;
– quando di fronte all’abete, la maestra dice “disegna quello che vedi” e la bimba comincia a disegnare migliaia d’aghi;
– quando la mamma coccolando la figlia canta “oh oh pesciolino non piangere più” e la figlia risponde ma come fai a vedere in acqua i pesci che piangono;

– quando lui ha la mano alzata e la maestra dice, “possibile che non lo sappia nessuno?” E torna a casa dicendo… “sono invisibile!”

– quando un vicino gli chiede “come ti chiami?” e lui gli risponde: “La mamma mi chiama …”;

– quando consegna il compito di matematica un minuto dopo l’inizio, con i risultati corretti, e la maestra lo rimanda al posto perché deve farli in colonna;

– quando la maestra gli dice di disegnare un cuore e lui, appassionato di anatomia, lo disegna nei dettagli, dimensioni, ventricoli e quant’altro.

– Eccetera.

Le discrepanze sociali hanno a che fare con conoscenze, abitudini, attitudini, non conformi all’età dei pari, o a ruoli che rivestono autorità.

Il giovane potrà parlare di temi comuni, con interlocutori adeguati?

Ha avuto modo di imparare ad organizzare le proprie idee e adattare il proprio linguaggio ai propri pari?

Oppure l’accumulazione d’idee, concetti, informazioni diventa una disciplina di autoaffermazione solitaria? Senza nessuno scambio nel confronto con gli altri?

Certamente, l’idea di cosa sia socializzare, nonché le pratiche di socializzazione, sono variabili. Con i genitori, il sottoscritto tratta di questo tema attraverso la metafora del portiere (vedasi “4 metafore”).

 

– Le regole.

C’è una maniera nello stare con gli altri che interroga sempre le regole e la convivenza.

Quante volte il giovane APC contesta una regola, navigando tra rifiuto e richiamo della regola.

Torniamo al “ma tu avevi detto che”.

Da un lato paladini della giustizia, dall’altro renitenti alle corvée casalinghe.

 

  1. D) la motivazione

“Non sono motivato”, “mi annoio”.

Nella noia, concorrono fattori intrinseci e fattori estrinseci. Per esempio nell’ordinare la stanza.

Gli elementi per motivare sono:
la sfida, l’alleanza, l’humour, la connessione tra temi.

Abbiamo quindi due piste indiziarie:

la prima concerne l’accoglienza delle emozioni, presso gli APC. Ciò che essi capiscono sul piano cognitivo non è sempre integrato da un punto di vista affettivo e psichico, in mancanza del distacco esperienziale. La gestione delle emozioni che non è altrettanto agile della comprensione nel registro intellettuale crea ansietà.  La logica razionale e la logica emozionale si muovono su binari differenti.

La seconda è connessa al funzionamento mentale. Essi dispongono di un trattamento rapido dell’informazione, una macchina che controllano essi stessi poco e male. Per esempio hanno delle difficoltà ad esplicitare i loro ragionamenti. Si può immaginare che in questo funzionamento le risposte logiche vengano date prima e più rapidamente dell’elaborazione emotiva.

 

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Aprile 2021